Idrocefalo

Il termine deriva dal greco e letteralmente significa “acqua nella testa”. L’idrocefalo è uno dei più frequenti problemi che si riscontrano nella pratica della neurochirurgia pediatrica. Tale patologia è determinata da un accumulo patologico di liquido cefalorachidiano o liquor (LCR) nelle cavità cerebrali denominate ventricoli.

Ciascun individuo produce normalmente tale liquido all’interno dei ventricoli cerebrali per tutta la vita ad una velocità di circa 0,35 ml/min e contiene elettroliti, zuccheri e proteine. Il liquor è prodotto per secrezione ed ultrafiltrazione all'interno dei ventricoli da strutture denominate plessi corioidei. Il volume di fluido prodotto in un adulto è circa mezzo litro al giorno. Il fluido circola all'interno dei ventricoli e quindi intorno al cervello e al midollo spinale. Viene poi riassorbito a livello della convessità cerebrale in grandi vene che, attraverso la circolazione sanguigna, lo riportano al cuore. Il ciclo di produzione, circolazione e riassorbimento del liquido cefalorachidiano assicura un involucro protettivo e di sostegno al sistema nervoso.

Nell’idrocefalo verifica un fenomeno che altera l'ordinata successione degli eventi appena descritti. Se ciò si verifica, si crea un accumulo di liquido nel cervello che, comprimendo le strutture nervose, può determinare dei danni o condurre addirittura alla cecità o alla morte se non viene trattato tempestivamente.

Nella maggior parte dei casi l’idrocefalo nel bambino è causato da: emorragie, infezioni, traumi, tumori, patologie vascolari. Questi eventi si verificano durante la gravidanza, nel periodo perinatale o dopo la nascita.

Nella prima infanzia , quando le suture non sono ancora saldate, l’idrocefalo determina un aumento delle dimensioni del cranio. Ciò è spesso associato a sintomi come vomito, irritabilità, ritardo dello sviluppo psicomotorio. Nella seconda infanzia o più tardi non si verifica l’aumento del cranio ma compaiono direttamente i sintomi di ipertensione endocranica.

Diverse sono le tecniche radiologiche utilizzate per la diagnosi. Nei primi sei mesi di vita fino ad un anno la diagnosi può essere fatta con un’ecografia transfontanellare. Dopo il primo anno di vita viene utilizzata la TAC o la RM. Questi esami forniscono informazioni sulle dimensioni dei ventricoli cerebrali ma la RM, anche se è un esame più lungo della TAC e di solito richiede sedazione, fornisce una migliore immagine del cervello e delle possibili cause dell’idrocefalo.

Trattamento

Una volta fatta diagnosi di idrocefalo il trattamento è quasi sempre chirurgico. Se esiste una massa che causa l’ostruzione del flusso liquorale quando è possibile deve essere rimossa al fine di ripristinare un normale flusso e quindi la risoluzione dell’idrocefalo. Molto spesso invece, in presenza di altre cause, il blocco non può essere rimosso ed è necessario creare nuova comunicazione per consentire al flusso di aggirare l’ostacolo e consentire così la libera circolazione del liquido. Si utilizzano dei sistemi denominati shunt che trasportano il fluido dai ventricoli esclusi ad altre cavità del corpo come quella addominale o cardiaca. Qui il liquor viene riassorbito e ritorna nel sangue con i sali e gli altri prodotti che contiene.

Il sistema di derivazione, che è più comunemente conosciuto dai non addetti ai lavori con il termine di "valvola", è costituito da due piccoli tubi di materiale inerte, che vengono posizionati nello strato sottocutaneo, tra i quali è interposta una valvola che regola il deflusso liquorale.

Essendo un corpo estraneo il sistema di derivazione può andare incontro a malfunzionamento per cause meccaniche o infettive e quindi può essere necessario procedere alla sua sostituzione. Inoltre non seguendo la crescita del bambino deve essere allungato verso il 5° anno di età.

Trattamento alternativo allo shunt

Da alcuni anni si è sviluppata una nuova tecnica. Infatti alcuni tipi di idrocefalo possono essere trattati per via endoscopica e senza applicazione di sistemi di derivazione, praticando un piccolo foro all’interno di un ventricolo cerebrale, denominato III ventricolo, consentendo di bypassare l'ostacolo al deflusso liquorale e di ristabilire la circolazione liquorale in modo fisiologico. Questa procedura denominata ventricolostomia endoscopica si è recentemente molto diffusa grazie al miglioramento degli strumenti e delle tecniche di immagine.


Trattamento dell'idrocefalo mediante Ventricolocisternostomia endoscopica

La ventricolocisternostomia consiste nella creazione di una comunicazione tra il sistema ventricolare(nel caso specifico il III° ventricolo) e le cisterne liquorali della base cranica. L'obbiettivo di questa procedura neurochirurgica é quello di ridurre la compressione esercitata sull'encefalo dal LCR intrappolato nei ventricoli senza la necessità di ricorrere allo "shunt" ventricolo-peritoneale. Nei pazienti che sono già stati sottoposti ad un intervento di derivazione liquorale, consente spesso di rimuovere o rendere non necessario lo shunt.

Questa procedura viene effettuata con uno strumento denominato Neuroendoscopio. Si tratta di uno strumento che permette al Neurochirurgo di navigare all'interno dei ventricoli cerebrali osservando su uno schermo le immagini della procedura che sta effettuando. Il neuroendoscopio é composto da un corpo che contiene l'oculare ed i meccanismi di controllo e da una estremità distale che ha un diametro esterno compreso tra i 2,5 ed i 3,7 millimetri che contiene le fibre ottiche ed un canale operatorio attraverso il quale sono inseriti degli appositi microstrumenti. Una piccola telecamera, collegata all'oculare, trasmette su di un monitor le immagini trasportate dalle fibre ottiche. Per effettuare l'intervento é necessario praticare un foro con uno strumento apposito sul cranio attraverso il quale l'estremità del neuroendoscopio viene inserita nelle cavità ventricolari. L'intervento consiste nel praticare, a livello del pavimento del terzo ventricolo, un'apertura che consenta al LCR intrappolato nelle cavità ventricolari, di defluire all'esterno del ventricolo(nelle cisterne liquorali della base cranica), raggiungere gli spazi pericerebrali e venire quindi riassorbito.